Estate Felici

Lui parlava con il bancomat

San Felice San Felice… che cos’è o che cos’era? Adesso non lo saprei. Non ti saprei rispondere adesso. Ma io penso che allora fosse beh un luogo che incuteva particolare timore o comunque c’era un primario, un vecchio primario che la chiamava “la cittadella asilare degli indesiderabili”.

Con questo linguaggio un po’ da primo ‘900… però devo dire che rappresenta quello che era il San Felice. La cittadella asilare – un luogo appunto di custodia, di vita però degli indesiderabili. Alcuni indesiderabili uscivano già. Allora uscivano magari di più quelli di cui ci si fidava 1) che sarebbero tornati e 2) che non si sarebbero messi nei guai, che non avrebbero combinato guai. E c’erano dei personaggio. Io credo che quella strada lì era una strada in cui, adesso io non lo so, anche adesso ne vedo qualcuno ma molto, molto meno. Mentre allora, forse anche perché c’era la fase della riapertura… molti uscivano.

Allora c’era il bar di fronte, che allora era Castagna che li conosceva, il giornalaio li conosceva, la Santina che era un altro bar più avanti li conosceva e c’era un po’ la processione… soprattutto per il caffè, la sigaretta no? Ecco. Qualcuno andava anche a farsi il panino o andava lì con i parenti invece che stare dentro con il familiare quando lo veniva a trovare. Però era un luogo che secondo che creava… sia respingeva e forse anche attraeva perché in effetti è un grandissimo parco, è un bellissimo parco. 

E noi cercavamo di ricostruire la storia di queste persone, no? E abbiamo cercato di vederli uno a uno… beh che fatica! A parte che per dire io sono arrivata e dopo due anni mi hanno riconosciuto che avevo un ruolo, i pazienti. I pazienti no i colleghi. E per molto tempo sono rimasta la dottoressina che comunque non era solo vezzeggiativo era anche diminutivo!!

“Ah la dottoressina” oppure “chi xea ea?”. Però è comprensibile no? Perché anche lì il tempo era un po’ fermo… Io mi ricordo di un signore a cui ho chiesto, volevo chiedergli qualcosa e lui veramente geniale – questo parlava con il bancomat – usciva, aveva un giaccone con dentro di tutto, di tutto. Poi usciva, andava al bancomat. Ogni tanto bisognava andare a prenderlo perché c’era la coda e lui parlava con il bancomat e lui poi tornava dentro… ma era un po’ irraggiungibile per dire.

Però io gli ho chiesto “Senta ma lei non so… mi vuole dire qualcosa? Io avrei bisogno di fare nella cartella, di scrivere un po’ dove è nato, cosa faceva prima di entrare al San Felice? Se ha fratelli, genitori”. Insomma cioè partivi dalle cose un po’ così. Però prima di fare questo io mi sono presentata no. E mi sono presentata – forse sbagliando – gli ho detto “Buongiorno, io sono la dr.ssa Consolaro”.

Sai cosa mi ha risposto? “E io sono ginecologo”. Intanto. Quindi già mi ha messo in… posizione donna. Mi ha messa al mio posto.

“Io sono ginecologo e ho curato 60 milioni di persone in Giappone”. Quindi è partito con… lui mi ha spiegato chi era per carità a modo suo… però anche di fatto mettendomi come dire al mio posto. Come dire chi sei tu? Cosa vuoi? Adesso ti spiego io… è casa mia! Quello è stato bellissimo.

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